Prefazione al Tempo Sospeso
di Salvatore Mugno
Prefazione al Tempo Sospeso
IL DESIDERIO DEL DIRE
"Con le mie parole/ addormenterò i giorni,/ manderò in letargo il tempo" scrive, con grande efficacia, Pietro Barbera (Tempo in letargo).
La sua poesia, in effetti, incarna bene la sospensione evocata nel titolo della silloge: i suoi testi - spesso suscitati da eventi minuti, inattesi - si dispiegano come delle improvvise parentesi o, se si vuole, come un'irregolare successione di finestre che si spalancano nel corridoio angusto e opprimente della quotidianità. Forse bisognava soltanto allungare le braccia e tastare le oscure pareti per ravvisarvi le recondite e ariose vedute della poesia.
Barbera - poco più che quarantenne - da circa un paio d'anni ha scoperto nel verso quei motivi di libertà e di gioia che non gli era riuscito di trovare altrove. E la sua produzione, il suo desiderio di scrittura e di parola si sono fatti, via via, incontenibili, tanto che non bastava più neppure il piccolo uditorio di famigliari e amici, occorreva poter dire, quasi gridare, coram populo, le immedicabili sofferenze della memoria e l'irrefrenabile voglia di vita, d'amore, di condivisione, che troppo a lungo aveva compresso dentro di sé.
Lo stile del nostro autore è, infatti, improntato a un'estrema comunicabilità, la sua frase è copiosa di immagini e di idee, ma solitamente stringata, estranea alle ridondanze. Egli rifugge dalle derive baroccheggianti, dai ragionamenti intricati, dagli "effetti speciali" del linguaggio ricercato e, magari, poco comprensibile. Tra i suoi poeti preferiti emergono, dopo tutto, Tagore e Penna, maestri di trasparenza e di sintesi.
Si veda, ad esempio, a proposito di questa sua opzione di poetica, la lirica intitolata Il trampoliere, in cui implicitamente lo scrittore proclama la sua adesione ai canoni, per così dire, della calviniana "leggerezza" (<> scrisse l'autore delle Lezioni americane): <>.
Possiamo cogliere esplicite dichiarazioni dell'autore sul suo lavoro letterario, finalità incluse, anche nella composizione L'archeologo: la poesia, per lui, innanzi tutto è l'incontro con se stesso e con gli altri, ragione di intima dolcezza e di comunione col mondo, più che fonte di aspettative di plauso e di riconoscimenti effimeri. L'esito principalmente rincorso dal poeta è quello di concretizzare il suo desiderio di poesia: <>.
Barbera, peraltro, nelle sue composizioni dà ampio spazio alle tenerezze e ai romanticismi, per così dire, prevertiani, cantando degli amori che, sebbene talvolta difficili e infelici, non sono mai "gialli" e maledetti: <> (Amori).
Ma l'amore dominante e costante è quello che il nostro autore nutre per la piccola figlia, Clara, che compare in più punti del libro (si veda, ad esempio, la bella lirica Tre pesci rossi).
Malgrado qualche tinta crepuscolare, malinconica, il verso del nostro autore è, in genere, volitivo, energico, fiducioso, anche quando si occupa delle miserie e delle desolazioni umane. Il poeta è, soprattutto, incessantemente sensibile e disponibile a lasciarsi afferrare da quella nota insolita che lo trascini nella dimensione più vera dell?esistenza, quella in cui non si senta più dimidiato, frantumato, ma pienamente se stesso e: <> (Concerto d'estate).
Forse giova ricordare che la formazione di Barbera è di tipo scientifico; che, come Carlo Emilio Gadda e Luciano De Crescenzo, è un ingegnere; che, comunque, non ha affatto timore di far confluire su di un unico piano la sua professione e l'estro artistico, come recentemente ha fatto proponendo alla Provincia Regionale di Trapani delle soluzioni tecniche ardite e innovative per far fronte ai ricorrenti incendi estivi ericini, accompagnandole con un paio di accorate liriche dedicate al vecchio e amato Monte San Giuliano (Nero di rabbia e Erice). Sono molte le pagine che il poeta dedica a eventi e luoghi tipici della nostra terra, da lui corteggiata come fosse amante e madre: <> (Mothia).
Questa raccolta, divisa in varie sezioni tematiche, conferma che Barbera sa andare oltre l'attento "studio" di sé e delle liaison umane, aprendosi anche al côtè sociale (ad esempio, le composizioni inneggianti alla pace o quelle, numerose, di ispirazione e ambientazione "africana") e, perfino, panico, laddove cerca il colloquio con le cose, gli elementi, gli astri, il tempo...
Quest'engagement - vero, sentito - sfocia anche nell'autoironia per gli affanni, spesso fittizi, della routine, in una delle liriche più interessanti, a nostro avviso, del volume, Sono un uomo impegnato: <>.
Quella di Barbera è, insomma, una poesia della consapevolezza, del qui ed ora, un amorevole e necessario esercizio di attenzione e di presenza a se stessi e agli accadimenti, naturalmente controcorrente. A contare non sono i fatti in sé colti e descritti dall'autore, che potrebbero essere irrilevanti o avere portata storica (dalla curiosità per la bambina che, accanto, sgranocchia le patatine, allo sgomento per l'esplosione dello Shuttle): ciò che importa è essere partecipi, vivere ciò che ci accade intorno e dentro.
Questo ci sembra lo spirito che sorregge il nostro autore, che si affaccia nell'arido territorio letterario indigeno (da noi a lungo indagato, soprattutto nel Novecento letterario trapanese, Palermo, 1996, ma anche in altri scritti più recenti) come una delle rare voci autenticamente poetiche di questi ultimi anni.
Il suo esordio è, per tutto ciò che si è detto, irrefrenabile e, al contempo, coraggioso: la poesia, infatti, reca sempre con sé qualcosa di urgente e di temerario.
Salvatore Mugno
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